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La scuola digitale. Le novità.

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Il tema della scuola è assai dibattuto in Italia,  e s’accende fino ad infuocarsi quando valutazioni nazionali (Invalsi) e  classifiche internazionali – delle quali occupiamo  sempre le ultime posizioni – rammentano che il nostro sistema scolastico è in caduta libera.

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Sia ben chiaro. V’è docente e docente, istituto e istituto, università ed università. Ma come ognuno sa: è il sistema ad avere molte falle.

Si dibatte, ma non si risolve. O meglio. Non è dal cervello centrale, dalla regia di Roma, che arrivano le soluzioni più impattanti e tempestive,  bensì da singoli attori, leggasi start up, che vanno oltre le discussioni prolisse dando risposte ai bisogni concreti e dell’oggi.

I nuovi finanziamenti.  Tra i bisogni  più sentiti, quello del sostegno economico allo studio. Di fatto, la scuola italiana non è particolarmente onerosa, almeno fino alla media di secondo grado. I problemi sorgono quando si passa all’università.  “Abbiamo vissuto sulla nostra pelle il costo dell’università: maggiorato dal fatto di essere fuori sede, io vengo da Frosinone e Paolo da Martina Franca. Nel novembre 2017 abbiamo abbozzato la prima idea”, spiegano i fondatori di  Talents Venture. Sono Pier Giorgio Bianchi, di Frosinone, 26 anni e studi in Bocconi, e Paolo Alberico Laddomada, 23 anni, studente di Giurisprudenza, all’epoca coinquilini. Talents Venture promuove il talento e il merito dei giovani, quindi in controtendenza con lo spirito inclusivo – verso i bisognosi ma penalizzante per le eccellenze – della nostra scuola: buonista più che buona scuola. “Abbiamo  constatato che il prestito d’onore non convince: si teme di non trovare un impiego dopo la laurea e quindi di non riuscire a rimborsare il prestito, così in tanti rinunciano a studiare in partenza. Diversamente da un prestito, la nostra forma di finanziamento tiene invece conto del reddito futuro”. Vengono selezionati gli studenti meritevoli, affidabili e che dunque sono una garanzia. E’ un algoritmo a verificare tali requisiti e dunque la capacità di rimborso degli studenti. “Noi raccogliamo tutte queste informazioni e le portiamo alle banche per il finanziamento”, spiega Bianchi. Talents Venture offre inoltre servizi di orientamento per la scelta del corso di laurea, anche attingendo a strumenti forgiati in Talents Venture come il Graduate Competitive Index che indica “i posti di lavoro disponibili per ogni laureato o, al contrario, quanti laureati competono per uno stesso posto di lavoro”.

Anche Habacus  facilita l’accesso alle risorse finanziarie per lo studio. E’ stata lanciata da Paolo Cuniberti (1964), 25 anni nella finanza, in JP Morgan e Mediobanca, dal 2012 socio investitore di H-Farm della quale Habacus è start up partecipata.  “Non facciamo intermediazione finanziaria – rimarca  Cuniberti – Siamo l’ente incaricato da Intesa Sanpaolo per certificare i requisiti d’accesso e la performance scolastica degli studenti”.   Sulla base dei dati di performance accademica, Habacus è in grado di stabilire se lo studente può accedere al prestito. Che al momento, corrisponde a “Per Merito”, un finanziamento con un massimale di 50mila euro erogati da Banca Intesa, con tassi bassissimi, quasi simbolici, e un piano di rimborso fino a 30 anni senza alcuna garanzia personale o reale. Cuniberti ha unito la sua esperienza in finanza con quella in H-Farm (polo dell’innovazione fondato da Riccardo Donadon) di cui e’ stato Vice Chairman dal 2015 sino al 2018 .“Mi sono detto: perché incaponirsi nel cercare di finanziare start up, che sappiamo avere una mortalità alta, quando in Italia abbiamo un bassissimo, addirittura il più basso in Europa, accesso alla Educazione Superiore Universitaria, Tecnica (ITS) e creativa (AFAM). Ritengo essere una condizione essenziale e propedeutica per lo sviluppo di start up innovative e/o nuove aziende avere accesso all’Istruzione Superiore. A parità di talento possiamo puntare su singoli individui per i quali risulta statisticamente più basso il livello di insuccesso rispetto alla costituzione di una start up”, spiega Cuniberti. Così, – continua – “ho voluto ripensare la finanza per gli studenti. In H-Farm avevamo già forme di prestito ma erano 1.0”. Il parametro cardine per accedere al prestito è essere in regola con gli esami, non si accettano fuori corso. Ogni sei mesi si verifica se tutto procede come dovrebbe, e poiché ci si rivolge a maggiorenni, è lo studente in persona, e non la famiglia, ad assumere la responsabilità del processo. “Non ci interessa il voto. Conta la velocità, la tempistica, il dinamismo del soggetto”. Al momento Habacus collabora con 80 università in Italia, 18 Afam, 7 istituti tecnici e 230 Università estere.

Si muove nel mondo dell’economia anche ScuolaPay di Claudio Cubito (1967).  Realizzata da GrowishPay, la startup leader in Italia nei social payments, con pagamenti gestiti da Sisal e regolamentati da Banca d’Italia, è  un’applicazione per pagare ogni attività scolastica. Ha il suo quartier generale nel Fintech District di Milano. ScuolaPay, collegata al conto, consente di inviare e ricevere denaro tra i contatti legati alla scuola, di contribuire a raccolte e casse comuni, di pagare rette, iscrizioni o mense presso le scuole aderenti. 

“In DigitAlly siamo artigiani del digitale”, spiega Francesca Devescovi, romana, laurea in filosofia e master in management di risorse umane alla Bocconi, un percorso da Vodafone a Valore D. E’ la Ceo di DigitAlly, start up in portafoglio di OltreVenture, co-fondata con Anna Simioni, e legata al programma “Ambizione Italia” di Microsoft. Si tratta di una start up che accelera l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro grazie all’uso concreto di strumenti digitali. “Ci rivolgiamo ai ragazzi tra i 18 e 29 anni. Trasmettiamo i 19 tools più richiesti dal mercato del lavoro, più le tecniche del Digital Marketing, dello User Experience Design e Data Analysis. Con DigitAlly si apprendono inoltre modalità di lavoro come l’Agile Working e il Project Management”. Tutto questo in 15 settimane, nel Campus di Milano Bovisa (Milano), ma presto anche a Bologna. Ai corsi intensivi in aula seguono sei mesi di esperienza lavorativa retribuita e garantita presso le aziende partner: da Vodafone a Henkel, Nexi, Prysmian, Unipol, Unes, Jointly e tante altre imprese che stanno riconoscendo l’importanza delle competenze digitali. La seconda edizione di DigitAlly prenderà il via in gennaio. I ragazzi vengono selezionati tramite Knack, il sistema – forgiato all’università di Harvard – che tramite videogiochi è in grado di valutare con estrema precisione abilità e attitudini digitali tramite l’intelligenza artificiale. Il candidato tipo? “Chi viene da lauree con scarsa occupabilità e diplomi meno efficaci, sente di avere un talento ma non trova chi lo sappia valorizzare. Da noi si fa zero teoria. I docenti sono professionisti del settore, lavorano in aziende o agenzie media. Non fanno lezioni frontali, ma lavorano su progetti concreti. Per questo motivo i ragazzi hanno la possibilità di imparare velocemente ed entrare in azienda con ruoli in linea con le competenze apprese”.

L’app RoomMate  è stata lanciata dai tre giovanotti Mirko Martignon, Matteo Bucci e Mattia Raffaelli per semplificare la vita agli inquilini e ai proprietari di case in affitto a studenti. Una start up  incubata in Almacube, nell’Università di Bologna, accelerata in Nana Bianca a Firenze  ed ora a Lussemburgo dove partecipa al programma di accelerazione Fit 4 Start. RoomMate  gestisce  per i proprietari affitti, manutenzioni e contratti, e per gli inquilini mantiene uno storico condiviso delle bollette, rammenta le scadenze,  stabilisce i turni per le faccende domestiche tenendo traccia di chi fa il furbo, organizza la spesa: in breve, veglia sulla casa.

Anche HeyStudent è uno strumento pensato da studenti per studenti. Trasferisce su smartphone tutte le funzionalità di un diario scolastico, così da annotare compiti e impegni scolastici. Imposta le materie e l’orario in modo semplice e intuitivo. Consente di sfogliare le pagine interattive come si farebbe con quelle di un diario cartaceo. Il planner offre una visione complessiva degli impegni differenziando tra interrogazioni, compiti o verifiche.

E’ un’ex start up, nel senso che ora è una vera e propria PMI, Fluentify: nata nel 2013 su iniziativa dei tuttora under 30 Giacomo Moiso, Claudio Bosco e Matteo Avalle. Ha uffici a Londra, Torino, Milano, Roma e Parigi. Il servizio offerto va a colmare un vuoto profondo nella  scuola italiana che vede i nostri ragazzi frequentare corsi d’inglese dalla primaria, ma raggiungere un livello di competenze nettamente inferiore rispetto a quello dei coetanei europei. Nell’Italia classificata al 33° posto nel mondo per livello di competenza in inglese,  Fluentify offre corsi incentrati sulla fluenza (fluency) della lingua, insegna l’inglese spendibile. Organizza sessioni online, one to one, in tempo reale, con tutor madrelingua inglese, in video conferenza. I progressi sono monitorati con regolarità  grazie a un piano personalizzato calibrato sulle esigenze reali.

Nell’ultimo decennio è un fiorire di start up che si muovono nella galassia-scuola. Rispondono a esigenze diverse ma hanno in comune tre parametri: si basano sul talento, muovono da bisogni concreti e si appellano a criteri scientifici. I tre parametri puntualmente disattesi dalla scuola di casa nostra. Spesso gli artefici  delle innovazioni sono giovani sotto i 30 anni. Giovani che lavorano per i giovani consapevoli che l’istruzione, la formazione, le competenze sono il sale del benessere di un Paese. E mentre dai piani alti si discute e si dibatte, qui si va dritti al dunque.

JOBIRI

Jobiri è il primo consulente di carriera digitale che sfrutta l’intelligenza artificiale per accelerare l’ingresso nel mercato del lavoro di studenti, giovani e disoccupati. Una soluzione tecnologica ideata dai fratelli Claudio e Roberto Sponchioni. Che ci ricordano prontamente: “Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati” e dunque  menzionano tutti i componenti del team, Margherita Vigo, Davide Medina, Francesca Martinelli, Valeria Quiroga e Edoardo Zorzi.

I due imprenditori,  origini cremasche, trentenni, Claudio laureato in Economia e Roberto in  Informatica,  sono partiti da un problema. In Italia, ogni operatore di un centro per l’impiego deve gestire 254 disoccupati, contro i 54 della Francia o i 30 della Germania. Anche le statistiche dei career service universitari sono disarmanti: 1 dipendente per ufficio placement ogni 500 laureati all’anno. Grazie a sistemi di intelligenza artificiale, Jobiri fornisce orientamento, trova offerte lavorative, costruisce e analizza automaticamente curriculum e lettere di motivazione. E soprattutto: allena i candidati ai colloqui 24 ore su 24.

Il progetto sta riscuotendo successo. Ha vinto una serie di concorsi tra cui Welfare che impresa!, il contest dedicato all’imprenditorialità sociale e al welfare di comunità, promosso dalle Fondazioni Bracco, Accenture, Snam, Golinelli e Ubi Banca, con il contributo scientifico di Aiccon e Politecnico di Milano. Come un coach di carriera in carne ed ossa,  Jobiri aiuta a definire obiettivi lavorativi, a trovare offerte  d’impiego in Italia e all’estero, permette di costruire curriculum, allena ai colloqui con video interviste simulate, il tutto da tablet, pc o cellulare. Jobiri – spiegano gli startupper – è l’arma segreta di disoccupati, diplomati e laureati che intendono accelerare l’ingresso o il reingresso nel mercato del lavoro e di tutte quelle realtà come scuole, università, centri per l’impiego, agenzie per il lavoro e società di ricerca e selezione che ambiscono a rendere finalmente digitali, più accessibili, efficaci e capillari, i servizi per il lavoro.

In Jobiri, hanno creduto – fra gli altri  – l’Università Cattolica del Sacro Cuore che ha reso noti i primi dati di utilizzo di questo coach virtuale: l’ateneo conferma di aver migliorato i servizi di accompagnamento al lavoro risparmiando 3500 ore di consulenza. Su 354 studenti della Cattolica, il 75% ha trovato un impiego in 45 giorni grazie a Jobiri. Che tipo di impiego? “C’è chi è finito in Gucci, Google, Barilla”, spiega Claudio Sponchioni.

Curiosità. Jobiri aiuta a costruire il CV e ad affrontare il colloquio di lavoro. Quali sono gli errori più comuni che si fanno compilando il proprio CV? “Aldilà dell’1% dei candidati che non inserisce i propri contatti nel CV, il 4% fa errori di ortografia, il 55% non include le parole chiave. E – incredibile – un buon 65% non si studia l’azienda per la quale si candida”.

 

Anna Franini
Anna Franini
Anna Franini, giornalista di Forbes e il Giornale. Scrive storie di Leadership, Imprenditoria, Innovazione. Intervista fondatori di aziende miliardarie, Premi Nobel, Breakthrough, Academy Awards, Pulitzer, Pritzker.
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