Bergamasca, numeri da record

La Bergamasca brilla nell’industria manifatturiera avanzata, per propensione all’export. Tra i primati: il più basso tasso di disoccupazione.

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Bergamo Distretto economia
Bergamo Distretto economia

Distretti d’Italia. Puntata n.1

Brilla per propensione all’export e diversificazione produttiva; detiene il primato del più basso tasso di disoccupazione nazionale (3% vs 9% italiano). La provincia di Bergamo è tra le campionesse d’Europa nell’industria manifatturiera avanzata. E questo soprattutto perché ha compreso la forza della prossimità e dell’aggregazione avviando solide filiere: nel settore della meccanica, infatti, le distanze di fornitura sono pari a circa 50 chilometri.

Alle porte della città scorre un muro rosso in alluminio estruso, alto dieci metri, lungo un chilometro e con nome dettato dal pragmatismo orobico. È il Kilometro Rosso, parco scientifico tra i più brillanti d’Europa, luogo di ricerca e impresa, cuore dell’innovazione della Bergamasca, dove la modernizzazione dei prodotti e dei processi produce una manifattura di medio-alto livello tecnologico che occupa più di un terzo degli addetti. I 118 brevetti registrati all’Epo (European patent office) per milione di abitanti sopravanzano i 74,6 della media italiana. E così, con 1,1 milioni di abitanti, la Bergamasca rappresenta l’1,9% della popolazione italiana, ma pesa il 2,1% se si considera il valore aggiunto totale (cioè differenza tra il valore della produzione di servizi e beni e i costi sostenuti). E addirittura il 3,4% in termini di esportazioni.

Il rilancio della Bergamasca dopo il Covid

I volumi produttivi hanno fatto registrare una crescita del 7% rispetto al 2019, ben sopra la media lombarda del 4%, la produzione industriale in provincia (+17,4%) ha performato più che a livello regionale (+15,6%) e nazionale (+11,8%). Le indagini previsionali per il 2022 formulate a inizio anno indicavano un ulteriore crescendo di fatturato, nonostante il conflitto russo-ucraino comporti variabili dagli effetti difficili da misurare.

A Bergamo la scure del Covid s’è abbattuta prima e più che altrove. Nell’immediato, il calo del Pil fu superiore rispetto alla media nazionale, però il recupero è stato senza pari e tale da collocare il territorio nuovamente fra i più trainanti del Paese. Per la manifattura bergamasca il 2021 è stato infatti un anno record: le stime di crescita della ricchezza generata oscillano tra l’11% e il 12%. La produzione (17%), il fatturato (22%) e il volume di export (24%) hanno rimbalzato quasi del doppio e con un’intensità mai sperimentata negli anni precedenti (report PwC-Bergamo Top500).

L’etica del fare e il lavoro al vertice delle gerarchie valoriali

Tra le leve del successo della Bergamasca spiccano l’imprenditivitàl’attitudine alla resilienza e la flessibilità. Resilienza sintetizzata nel mola mia (non arrenderti) agli onori della cronaca nazionale nei giorni più bui del Covid, un imperativo categorico inculcato dall’infanzia e figlio della montagna che qui domina, Sofia Goggia docet. Quanto alla flessibilità, basti pensare alla locale Confindustria cresciuta nel grembo della ‘fu’ Federazione bergamasca industrie tessili (1907). Dal tessile, primo motore dell’industrializzazione della provincia, si è approdati alla plastica, metalmeccanica, chimica, costruzioni: i leggendari pulmini di muratori e carpentieri che sfrecciano lungo la A4 sono giusto un tassello.

Dagli anni Sessanta si è assistito a un fiorire di imprese fra cime e valli impervie, aspre come la lingua del luogo fatta di suoni spigolosi e gutturali, con termini che condensano intere frasi. Il bergamasco è notoriamente di poche parole, sobrio e concreto fino alla ruvidezza. Qui l’etica del fare non è uno stereotipo, il lavoro è al vertice delle gerarchie valoriali. Bergamo è l’incarnazione dell’articolo uno della nostra Costituzione.

Le imprese e Pmi della Bergamasca

Nella competizione internazionale troviamo in prima fila un nucleo di grandi aziende, da Brembo a Radici, e centinaia di medie: il traino di una miriade di piccole imprese che garantiscono la compattezza della struttura produttiva. PwC, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, università e Confindustria di Bergamo, ha consegnato un report con le prime 500 aziende bergamasche per fatturato. Guidano la classifica i gruppi della metalmeccanica (9,8 miliardi euro), seguiti da commercio (7,2), chimica-farmaceutica (3,6), gomma-plastica (3,5), automotive (3), elettronica-Informatica (2,8), agro-alimentare (2,8), costruzioni (2,2), trasporti (1,6), moda (1), utility (0,9). Contano complessivamente 148.321 dipendenti, pari a quasi un terzo degli occupati totali della Bergamasca.

Un territorio vocato per la manifattura di medio-alto livello tecnologico, avverte sensibilmente il mismatch tra domanda e offerta. Secondo un’indagine condotta da Intesa Sanpaolo, lamentano la difficoltà nel trovare operai specializzati, con punte del 75% tra le imprese piccole e 60% tra le medio-grandi. E in generale, è difficile trovare figure altamente specializzate come tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione. “È fondamentale la collaborazione con enti come gli Its che possano assicurarci giovani con competenze nella meccanica e meccatronica”, spiega l’imprenditore Angelo Radici. “Noi stessi dovremmo fare squadra e farci carico della formazione di questi giovani”.

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