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Bologna, un modello

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Fu grazie alla sua università, la prima del mondo occidentale (correva il 1088) che Bologna si aggiudicò il duplice appellativo  di “La dotta” e   “La grassa”. “Grassa” poiché gli studi innescavano un bel giro d’affari attraendo frotte di facoltosi giovanotti, e per questo fu assai cara al Comune che la tenne in gran conto. S’incupì quando la città finì entro i territori dello Stato Pontificio, quindi sino all’unità d’Italia. Poi il moto d’orgoglio scaturito dalle celebrazioni dell’ottavo centenario che avviava la rinascita rilanciando internazionalmente l’Università. 

Proprio nella formazione di qualità, oltre che rispondente alle esigenze del territorio, si rintraccia una leva dei successi di impresa della provincia di Bologna. Un esempio: poiché qui si snoda una parte importante della Motor Valley, nel grembo dell’università bolognese è nato MUNER, l’Università Motor Vehicle dell’Emilia-Romagna dove forgiare gli ingegneri dell’automotive. Percorsi di alta formazione sono promossi sia dall’Alma Mater sia dalla Bologna Business school, una comunità internazionale orientata al business, con oltre 50 programmi che formano manager di alto livello in vari settori e specializzazioni. E’ poi lungo l’elenco di scuole tecniche espressione del territorio.

E si spiega perché proprio qui ha preso forma la Data Valley e al suo interno il Tecnolpolo Manifattura, una cittadella della scienza che ospita il data centre del Centro europeo per le previsioni a medio e lungo termine e con esso uno degli archivi di dati più grandi al mondo per la meteorologia. A novembre, inoltre,  è stato inaugurato il supercomputer Leonardo del CINECA destinato a sviluppare nuove applicazioni in settori dell’intelligenza artificiale e della medicina personalizzata. E’ uno dei cinque HPC più potenti al mondo con i suoi 5mila server, 157 rack, per un totale di oltre 360mila kg di peso e più di 156 km di cavi e fornirà 10 volte la potenza di calcolo dell’attuale sistema di punta Cineca Marconi100.

Altra cittadella del sapere è l’Opificio Golinelli, lanciato da Marino Golinelli, il fondatore di  quella che oggi è Alfasigma (1 miliardo e passa di fatturato), scomparso nel 2022 a 101 anni. L’Opificio è un ecosistema che mette insieme formazione, innovazione e impresa, scienze ed arti, incubando start up, e per il quale Golinelli mise a disposizione 90 milioni di euro da vero campione di filantropia aziendale. (FOTO)

Sono 85mila le imprese attive sul territorio bolognese, area logisticamente strategica poiché dotata di un proprio aeroporto, snodo ferroviario e autostradale benché si aspetti con trepidazione la realizzazione del passante autostradale. Proprio all’Interporto Bologna ha sede il più grande hub per l’e-commerce realizzato da Poste Italiane. Altro motore dell’economia è la Fiera, pronta per lo sbarco in Borsa.

Uno dei fiori all’occhiello di questa provincia  è l’agglomerato di aziende produttrici di macchine per l’imballaggio, con alcuni dei leader mondiali come IMA, GD e Marchesini (FOTO). E’ la cosiddetta Packaging Valley, 5 miliardi di fatturato, e 229 aziende: 179 delle quali si concentrano nel tratto Bologna-Parma. 

E’ poi la Motor Valley la Valley più impattante in assoluto, anche mediaticamente, un lembo di terra lungo la via Emilia, fra Reggio Emilia, Modena e appunto Bologna, che produce auto e moto fra le più belle, performanti e sportive del mondo, sculture su quattro e due ruote. La mente – per circoscrivere il discorso a Bologna – va a Lamborghini e Ducati, ma anche all’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola.  

Altro comparto vivace è quello legato alla cosmesi, di fatto Bologna è la sede del Cosmoprof, la fiera che da mezzo secolo è l’evento di punta del settore. 

In questa terra sono fioriti marchi conosciuti internazionalmente e in rappresentanza di più comparti, dalla Lamborghini a Granarolo, a Alfasigma,  Ducati, Bonfiglioli riduttori, Poltronesofà, Marchesini Group, Sportwear Company. Attorno ai colossi c’è un mare di PMI, in linea con i profili delle aziende tricolore, il  93,9% delle impresa sono micro imprese (da 0 a 9 addetti), il 5,1% sono piccole (da 10 a 49 addetti), lo 0,9% medie (da 50 a 249 addetti) e solo lo 0,1% grandi (più di 249 addetti).  Il 63,4% delle imprese  opera nei servizi, il 24,9% nell’industria e l’8,2% in agricoltura e pesca. Il restante 3,5% ha un’attività non classificata. Il 46% dell’attività manifatturiera appartiene al comparto della meccanica, con annessi meccatronica e packaging, seguono moda (13%), alimentari (8%), riparazione e installazione di macchine (7,6%), legno e mobili (6,6%), carta e stampa (4,7%), gomma e plastica (4.6%). Così Camera di Commercio.

Secondo lo studio Top500 di Pwc, e il dossier a corredo realizzato da marzo dal Resto del Carlino, l’import-export bolognese del 2021 ha conosciuto un crescendo costante registrando un +15,9% vs 2020 per l’export e +18,3% per l’import. Export che si concentra nelle categorie dei macchinari (5,55mld), mezzi di trasporto (3,18mld), e alimentari e bevande (2,42mld). Le importazioni consistono principalmente in mezzi di trasporto (1,53mld), macchinari e apparecchi (1,32mld) e tessili, abbigliamento, pelli e accessori (1,02mld). A causa della crescita dei costi dell’energia, nell’industria nel 2022 è calato il valore aggiunto (pari a 9,2 mld) e si calcola che subirà un ulteriore calo nel presente anno (attestandosi a 8,9 mld). Anche nel settore dell’agricoltura il valore aggiunto del 2022 pari a 323 milioni scenderà quest’anno a 311 milioni. Cresce, invece, del 2,2% il comparto delle costruzioni con un valore aggiunto nel 2022 di 1 miliardo e 55 milioni che entro fine anno dovrebbe arrivare a 1 miliardo e 59 milioni. Non si arresta il crescendo del settore dei servizi con 27 miliardi di valore aggiunto nel 2023 ovvero un + 1,9 rispetto all’anno precedente.

Anna Franini
Anna Franini
Anna Franini, giornalista di Forbes e il Giornale. Scrive storie di Leadership, Imprenditoria, Innovazione. Intervista fondatori di aziende miliardarie, Premi Nobel, Breakthrough, Academy Awards, Pulitzer, Pritzker.
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