Alexandra Dovgan, Mao Fujita, Martin Garcia Garcia, Giuseppe Gibboni, Sheku Kanneh-Mason, Alexandre Kantarow, Jan Lisiecki, Daniel Lozakovich, Klaus Mäkelä, Alexander Malofeev. Sono i fuoriclasse assoluti tra i pianisti, violinisti, violoncellisti, direttori d’orchestra di ultima generazione: la Gen Z, dunque nati dal 1995 in poi. Facciamo uno strappo all’anagrafe allargando la rosa a Beatrice Rana, classe 1993, e a Seong-Jin Cho, del 1994: troppo bravi per escluderli.
Abbiamo menzionato i Kilyan Mbappé, Erling Haaland, Mikaela Shiffrin o Matteo Berrettini della musica classica, talenti fuori dal comune e sotto i 27 anni, che con il loro brillantissimo presente assicurano il futuro della classica, un genere fatto di capolavori secolari, gioielli consegnati da geni che hanno nome Monteverdi, Bach, Mozart, Beethoven, Paganini, Prokofiev, Verdi e via discorrendo. Pezzi d’arte che, per essere interpretati e diffusi al pubblico più esigente, chiedono plurime marce in più. Chi ha studiato uno strumento musicale, anche solo per diletto, conosce l’impegno quotidiano che questa pratica esige, suonare ad alti livelli – poi – è praticamente una missione, o stile di vita.
Ci concentriamo sulla punta assoluta dei musicisti della Gen Z e rispondenti a questi parametri: presenza reiterata nelle sale e stagioni più prestigiose, collaborazione regolare con orchestre di peso, contratti con case discografiche. Rammentano i Riccardo Muti, Cecilia Bartoli, Martha Argerich o Maurizio Pollini under 30, tutti esplosi ventenni perché del resto è questo un settore in cui l’anagrafe è determinante: salvo eccezioni, se non emergi subito, naufraghi nel mare magnum dei circuiti (musicali) di classe B, C, D. Qui si parla dell’apice della serie A.
Ma cosa ne pensa chi sta al di là del palcoscenico? Direttori artistici, sovrintendenti e agenzie?