A Biella, tra i maggiori poli lanieri al mondo e riferimento assoluto per i tessuti di alta gamma, l’arte della lana oltre che precoce è imperitura. La si coltiva dall’epoca pre-romana ed era regolamentata con statuti ad hoc già fra il Due e il Trecento, negli anni in cui – nero su bianco oltre che in rima – Dante mandava mezzo mondo all’Inferno mentre nella sua Firenze, faro d’Europa, a difesa di quest’arte nasceva la più ricca e potente delle corporazioni del Medioevo.
Città creativa dell’Unesco nel settore “Crafts & Folk Art”
Biella ha resistito alle varie crisi che hanno contrassegnato il settore del tessile compresa quella dell’ultimo scorcio del Novecento; come un’eroina greca è inoltre sopravvissuta anche all’alluvione del 1968 che spazzò via tante aziende. E’ rimasta in sella poiché ha tenuto conto dei nuovi mercati e stili di vita riorganizzando, di volta in volta, la produzione che dagli anni Settanta è passata dall’essere di massa e a basso costo alla nicchia dei filati e tessuti di altissima qualità, privilegiando lane australiane e neozelandesi, cashmere, pelo di cammello, alpaca, vigogna, mohair.
Gran parte dei tessuti di pregio utilizzati in tutto il mondo viene da qui
Vi attingono le più importanti maison di moda e di design, si va dai cashmere purissimi per Giorgio Armani ai divani nella Sala Ovale della Casa Bianca, al cappotto di Audrey Hepburn in “Vacanze Romane”, scartabellando i volumi dell’ex lanificio Pria si scopre un mondo da Mille e una notte. Qui per esempio venne messa a punto la speciale formula per ricavare i toni di un colore leggenda: il Rosso Valentino.
Numeri
L’eccellenza è anche una questione di numeri: fisiologicamente bassi, non è da tutti raggiungere la vetta e soprattutto starci. Si spiega così il calare dei numeri dal Duemila a oggi. Vediamoli. Nel 2001 le imprese operanti nel tessile erano 1555 mentre nel 2021 669, con gli occupati di settore passati da quasi 23mila a 10mila unità. In compenso il valore dell’export è si sceso da 1.2 miliardi a 941milioni, ma non è proporzionale alle contrazioni di cui sopra ed è certo scaturito dalle aziende che hanno messo in campo nuove strategie e rinnovate competenze per operare in quella che è diventata una nicchia: la quota di mercato della lana e delle fibre nobili è sprofondata all’1% in linea con la predilezione dei capi informali rispetto ai classici lanieri. E’ così alcune aziende si sono reinventate, come Ecofuture che alla terza generazione è rinata cinque anni fa sotto nuove spoglie imponendosi come unico marchio in Italia di abbigliamento intimo realizzato con tinture completamente naturali. Reda, attiva dal 1865, si è aperta al mondo dello sport con tessuti tecnici e performanti in lana merino, sperimentando poi tessuti dove la lana fa tutt’uno con una fibra cellulosica di origine botanica.
Altra azienda che nonostante le tempeste che la storia riserva è sempre approdata alla sua Itaca è la Vitale Barberis Canonico, quest’anno al suo 360esimo compleanno: sempre alla ricerca di nuove soluzioni si è inventata una nuova flanella cardata in pura lana realizzata al 40% con fibra riciclata, derivata da tessuti di scarto del Lanificio. E’ ormai alle soglie dei tre secoli la Piacenza Cashmere, dinastia tessile che giustamente ha impresso l’anno di fondazione, il 1733, nel proprio logo. Su tutti impera il colosso Ermenegildo Zegna, leader globale di abbigliamento maschile di alta gamma per il quale basta il nome, e parlano i numeri: 1,29 miliardi di euro di fatturato (nel 2021) , 500 negozi (per il 2/3 gestiti direttamente dal Gruppo) in 80 Paesi. La Zegna story iniziava nel 1910, quando il nonno dell’attuale AD, anche lui Ermenegildo, fondava un lanificio a Trivero, a undici chilometri da Biella. L’elisir di lunga vita si deve in gran parte alla scelta di imporsi come manifattura a ciclo chiuso che muove dalla materia prima fornita da allevatori opportunamente scelti al capo in vetrina.
Le aziende che darwinianamente sono sopravvissute alla selezione della specie (tessile) più volte hanno cambiato pelle prima scomponendo i processi produttivi a favore di terzisti poi di nuovo hanno ricompattato i vari cicli produttivi, ora guardano oltre il perimetro della propria azienda facendo squadra per mettere a fattore comune le conquiste.
E’ così che è nata nel 2022 MagnoLab, rete di imprese che condivide le proprie conoscenze per sviluppare innovazione in modo strutturato. Nella sede di Cerrione ha installato impianti pilota per sviluppare prodotti e processi innovativi con cicli di sperimentazione rapidi e snelli. Qui si concentrano le attività di prototipazione che interessano tutti gli anelli della filiera, dalla preparazione delle fibre alla filatura, tessitura, tintoria, finissaggio e confezionamento. Si punta inoltre su una formazione aggiornata, per esempio in dicembre è stata lanciata la Academy di filiera Tessile e Green Jobs, realtà nata dalla sinergia di 13 agenzie formative, 38 imprese e soggetti fra cui Unione Industriale Biellese, fondazioni ITS, Università, Poli di Innovazione con Città Studi S.p.A. quale agenzia capofila.
La forza di questo distretto sta proprio nella sua anima camaleontica per cui nel Settecento abbracciò la novità della protoindustria passando il secolo dopo alla meccanizzazione che a Biella ha un padre nobile: Pietro Sella, l’uomo che andò dove si ebbe il big bang della prima rivoluzione industriale, l’Inghilterra, e di rientro acquistò in Belgio un macchinario grazie al quale nel 1817 in un’antica cartiera fondava il “Gian Giacomo e Fratelli Sella”, primo lanificio italiano a lavorazione meccanica. La Ur-Fabbrica fece scuola, i lanifici via via so dotavano dei telai di ultima generazione al punto che si passò dagli 800 del 1848 ai 2200 del 1861, numeri che nel 1864 sollecitarono la nascita della “Società dei fabbricanti di pannilana”, fra le prime forme di associazione di matrice datoriale, nucleo originario dell’attuale Unione Industriale Biellese.
Altra scossa, non metaforica, veniva impressa dall’avvento dell’energia elettrica che svincolava gli stabilimenti dalla necessità di collocarsi lungo i corsi d’acqua delle valli. Erano 3000 i telai censiti all’alba del Novecento e 6700 nel 1952, corrispondenti al 72,4% di quelli attivi in Piemonte ed al 30,4% di quelli esistenti in Italia.
Biella è ora in gran fermento, da un lato le imprese di settore abbracciano la svolta digitale, sostenibile e guardano oltre la nicchia della lana. Dall’altro si progetta un’articolazione produttiva multisettoriale che valorizzi l’enogastronomia, il turismo e pure il patrimonio industriale dismesso. In tal senso, fa scuola la Cittadellarte di Michelangelo Pistoletto, artista dalle quotazioni milionarie, che ha preso forma nell’ex lanificio Trombetta. I 50 chilometri che congiungono Biella a Borgosesia, la cosiddetta via della Lana, sono disseminati di ex Lanifici che tornano a nuova vita raccontando cosa furono per ridisegnare il futuro.