HomeStorie di TerritoriIl Sapere del Nord-Est

Il Sapere del Nord-Est

on

|

views

and

comments

A Padova trascorse “li diciotto anni migliori di tutta la mia età”. E’ la confessione di Galileo Galilei che nell’Università cittadina insegnò, scrisse, condusse “sensate esperienze” e produsse strumenti per le “necessarie dimostrazioni”. La Repubblica Veneziana, che accorpava il Padovano, assicurava agli scienziati le libertà altrove negate dall’oscurantismo della Controriforma. Che poi Galileo sperimentò con il trasferimento, fatale, nella Firenze dei Medici, dunque dei Papi, ergo del Sant’Uffizio. E ancora oggi, l’Università di Padova spicca nelle discipline scientifiche, dall’Anatomia e Fisiologia, alla Veterinaria, Medicina, Fisica e Astronomia, Geofisica, Statistica, Farmacia. E’ la prima università in Italia nel Pilastro “Scienza Eccellente” del programma quadro 2021-2027 Horizon Europe; prima per budget ottenuto e per numero di progetti finanziati nelle borse post-dottorato Curie Actions e nei finanziamenti dell’ERC, che nell’ultimo triennio sono stati pari a 40 milioni. Per inciso, l’acronimo ERC (European Research Council) rimanda ai riconoscimenti scientifici più prestigiosi d’Europa, e gli Italiani sono tra i talenti che più se ne aggiudicano, alle spalle della  Germania che però investe in R&S tre volte tanto il nostro Paese. E se la metà di questi cervelloni porta il proprio sapere e dote economica all’estero, si parla di premi fra 1,5 e 3 milioni pro-capite,  in testa alle preferenze di chi non se ne va c’è Padova.

La presenza di un siffatto ateneo, fra l’altro tra i più antichi del mondo, ha certo contribuito a creare un humus speciale; del resto, non si spiegherebbe il fiorire della Silicon Valley senza l’esistenza dell’Università di Stanford, così come uno degli ingredienti del dinamismo imprenditoriale del triangolo Milano-Bergamo-Brescia risiede nella qualità delle università del territorio: ormai una necessità in questa nostra epoca contrassegnata dall’economia della conoscenza, che dunque ha il suo motore nei centri dove si creano a getto continuo  conoscenza e informazioni. 

Numeri

Di fatto, l’innovazione del Nord-Est ha uno dei suoi fari proprio a Padova tanto che delle 1.082 startup innovative del Veneto, ben 332 sono in questa provincia che inoltre si colloca fra le prime dieci italiane per numero di brevetti depositati. 

Qualche numero. Secondo analisi condotte da PWC (Top500), risulta che nel 2022 il fatturato delle prime 500 aziende padovane abbia raggiunto i 48,4 miliardi di euro, in  aumento del 19% rispetto all’anno precedente, con un Ebitda a +28%. Più di 9 imprese su 10 sono in utile così come l’aggregato dei patrimoni netti è aumentato del 17,6% rispetto al 2021, raggiungendo i 21,3 miliardi di euro. A guidare la classifica delle Top 500 sono le Acciaierie Venete con un valore di produzione di 1,9 miliardi, in seconda posizione c’è Sofida, la holding di controllo del Gruppo Gabrielli, con 1,7 miliardi di fatturato. Non c’è solo l’acciaio nelle prime dieci aziende del territorio, brillano inoltre l’occhialeria con il miliardo abbondante di Safilo, i sistemi di refrigerazione a marchio Arneg a un soffio dal miliardo e la Gottardo  (prodotti per la cura della casa e della persona) con 1.3 miliardi. 

Il 47% del valore di produzione scaturisce dal reparto manifatturiero dove, fra giganti e piccoli giganti, si contano 1394 aziende su un totale di 4mila. In testa, per numero di aziende, c’è il comparto della  metallurgia e meccanica generale (376 aziende, 5.1 miliardi di fatturato), ma è quello dei macchinari (323 aziende) a generare più fatturato, pari a 5.7 miliardi. Sono significativi il comparto del tessile (143 aziende, 1.3 miliardi), elettronica (123 aziende, 1.7 miliardo ), plastica (95 aziende, 1.7 miliardi). Quindi farmaceutica e affini che totalizza 1.3 miliardi di fatturato ed ha le sue vette in Fidia  e Lundbeck, ma ancor prima nel Gruppo Stevanato (983milioni il fatturato), il più grande produttore al mondo di flaconi in vetro e di cartucce per penne da insulina, tra i leader nell’imballaggio farmaceutico e medicale: una multinazionale quotata alla Borsa di NY nata fra le macerie del post Seconda Guerra Mondiale, nel, garage che  Giovanni Stevanato convertì in soffieria del vetro. Altro gigante della farmaceutica è Fidia, leader nella ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti a base di acido ialuronico e sue derivazioni.

Piccoli giganti

Forte di questo ecosistema hanno preso forma piccoli giganti, il caso di Alifax (55 milioni il fatturato), attiva nel mercato della diagnostica di laboratorio e in particolare nell’ematologia, microbiologia, sierologia e autoimmunità. Del resto, nell’università si conducono ricerche di frontiera a 360 gradi: anche  nel campo veterinario, con ricadute sulla pet economy, mercato dalla crescita vertiginosa. Per esempio, il gruppo coordinato dal professor Marco Patruno sta conducendo ricerche sulle potenzialità terapeutiche della medicina rigenerativa fornendo poi servizi tramite lo “Stem Cell Delivery” impegnato nell’analisi e congelamento di cellule staminali di diversi animali, a proposito dell’economia della conoscenza.

I dati e le analisi che riferiamo nei paragrafi seguenti fanno capo da Paolo Gubitta, ordinario di Organizzazione aziendale dell’Università di Padova e CUOA, e da Paolo Masotti, ad di Adacta Advisory dove ha lanciato un centro di ricerca per monitorare le dinamiche e le performance dei settori industriali, in particolare del Nord Est Veneto. La punta assoluta del manifatturiero – spiega Masotti – è rappresentata dal settore dei macchinari, in testa quelli del comparto refrigerazione e ventilazione che da solo vale il 17% del fatturato di settore; vi sono poi i macchinari per la metallurgia, l’imballaggio e confezionamento, l’industria alimentare, per impieghi speciali, quindi pompe, sollevamento, caldaie e bruciatori, per depurazione e filtri, per l’industria della plastica. Nell’immaginario comune, e la cronaca delle ultime settimane aiuta, spiccano le macchine per l’agricoltura, con zenit in Maschio Gaspardo e Antonio Carraro, quindi nei sistemi di trasmissione per trattori, macchine agricole e movimento terra con il marchio Gruppo Carraro. A gettare il primo seme fu Giovanni Carraro  che all’inizio degli anni Trenta, con il duce impegnato a bonificare e seminar grano in omaggio alle velleità autarchiche, metteva in campo i primi erpici rotanti. Poi i figli Oscar e Mario passavano ai trattori. “La Carraro – spiega Gubitta – è stata un’autentica nave scuola per giovani brillanti diventati poi imprenditori, come ad esempio Egidio Maschio che nel 1964 fondava con i fratelli quella che oggi è Maschio Gaspardo”. E sempre il professor Gubitta narra prima il crescendo aziendale, quindi i dissidi di famiglia che  sfociarono in una separazione consensuale e virtuosa con un ramo che continua in “Carraro”, mentre l’altro fonda la “Antonio Carraro”, entrambe leader nei loro settori. E’ passata alla storia la scelta coraggiosa di  Antonio Carraro che, appurato di non poter competere con il colosso a stelle e strisce John Deere, decise di concentrarsi su una porzione specifica del trattore: gli assali, ne avrebbe prodotti di speciali così da consentire ai trattori degli ormai ex-concorrenti di percorrere vie erte e strette. Attorno ai Carraro e Maschio sono fiorite aziende afferenti le industrie madri anzitutto nel settore  dei cuscinetti, ingranaggi e organi di trasmissione con aziende, per citarne alcune, come la Toffac, HGears, Pcm, Antal, Spiral. Toffac Ingranaggi (65 milioni il fatturato), nel 1972, a pochi anni dalla fondazione,  è entrata a far parte di Pozzi Group andando ad integrare, con la sua attività di produzione altamente specializzata di ingranaggi ed organi di trasmissione, la filiera produttiva del gruppo. Così come  la Spiral Ingranaggi, fondata nel 1994, è parte del Gruppo padovano TFM avendo raggiunto un’elevata competenza nella produzione di ingranaggi di alta qualità per diversi settori industriali. Della HGears ci piace ricordare che il 38% del fatturato nasce dalla mobilità elettrica. 

Refrigerazione e ventilazione

Refrigerazione e ventilazione sono altri comparti chiave del territorio. con specializzazioni distribuite salomonicamente fra basso e alto padovano, in quest’ultima area – spiegano Gubitta e Masotti- “si è puntato sul freddo per i banchi frigo, mentre nella Bassa su riscaldamento, climatizzazione e pompe di calore. Due aree che non solo non sono in concorrenza fra loro, semmai complementari, espressioni di  vocazioni territoriali diverse”. In questo contesto, per esempio, ha preso forma l’azienda di Tribano HiRef, tra le più interessanti e innovative in tema di climatizzazione per ambienti tecnologici, industriali e del terziario. Il gruppo ha conosciuto una crescita formidabile grazie alla visionarietà dell’imprenditore Mauro Mantovan, scomparso da poco, impegnato nell’ultimo decennio a stringere alleanze con l’università per generare spin-off. Aver pescato nel mare di  giovani dirompenti tra i migliori dell’ateneo ha portato beneficio all’azienda che vede il 30% del proprio fatturato derivare proprio dalle spin off di cervelli scampati alla fuga Oltralpe.

Un po’ schiacciato da tanto metallo e macchinari tra i più arditi, ha preso forma il distretto della calzatura della Riviera del Brenta,tra le province di Venezia e Padova. Ci piace ricordare una realtà come Nice Footwear, sbocciata nel 2004 e sviluppatasi come aggregatore di imprese manifatturiere come Favaro Manifattura Calzaturiera e Emmegi S.r.l.

Aziende

TECNOLASER   

Tecnolaser (38 milioni il fatturato) è nata nel 1986 come una delle prime realtà nel nord-est a credere nella tecnologia del taglio laser. Con il tempo si è evoluta, offrendo più fasi nella filiera di trasformazione della lamiera (taglio, piegatura, lavorazioni meccaniche, saldatura, verniciatura, assemblaggio) e diverse tipologie di servizio, in particolare in ambito progettazione, pianificazione della produzione, logistica, qualità e commerciali in genere.

BANO RECYCLING 

Tutto iniziò negli anni del miracolo economico con la produzione di caldaie  legna. Poi la virata verso la ricerca di  soluzioni per il riciclaggio e dunque la produzione di impianti di riciclaggio di rifiuti e rottami metallici. Bano Recycling (23 milioni il fatturato) offre un’ampia gamma di soluzioni innovative per il trattamento di numerosi tipi di materiali di scarto, in testa metalli ferrosi, metalli non ferrosi, rifiuti industriali e plastica.

Anna Franini
Anna Franini
Anna Franini, giornalista di Forbes e il Giornale. Scrive storie di Leadership, Imprenditoria, Innovazione. Intervista fondatori di aziende miliardarie, Premi Nobel, Breakthrough, Academy Awards, Pulitzer, Pritzker.
Condividi il post
Tags

Da non Perdere

Stradivari-Amati-Guarneri Tridente sonoro

A Cremona non si vive di sole glorie, per intenderci del tridente Stradivari-Amati-Guarneri: costruttori dei più prestigiosi strumenti ad arco al mondo, dunque violini,...

Nel blu dipinto di tech

Il cognome genovese che più di tutti è associato all’imprenditoria è quello dei Costa, famiglia icona del capoluogo ligure: decollo sulle ali della produzione...

Caput Business

Milano, asciutta ed efficiente, più asburgica degli Asburgo  che la dominarono per un secolo e mezzo senza predarla come fecero i predecessori, quegli Spagnoli...

Articoli Recenti

Post Simili

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

error: