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Un territorio tinto di blu

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Registrato all’anagrafe come Corrado Catani, laddove operò, vale a dire nel Montefeltro marchigiano, è passato alla storia  come Don Jeans. Per la verità non fu lui a introdurre il jeans nelle Marche, ma ha creato i presupposti perché fiorisse la cosiddetta Jeans Valley nella provincia di Pesaro-Urbino, con epicentro in Sant’Angelo in Vado e diramazioni a Fermignano, Peglio e Mercatello sul Metauro, valle del Cesano fino ad  Ostra. 

Correvano gli anni Cinquanta quando Don Catani avviava laboratori di cucito posando la prima pietra di un distretto che oggi conta 327 unità locali, perlopiù façonisti attivi conto terzi,  e 2.200 addetti, l’80% delle aziende ha meno di dieci dipendenti e il 19% meno di cinquanta. Si stacca un quartetto di imprese di medie dimensioni, dunque sotto i 250 dipendenti, perlopiù produttori di jeans per aziende di alta gamma italiane e straniere. In questa Valle non manca un solo anello della filiera, si va dallo sviluppo del cartamodello alla commercializzazione del prodotto finito, in mezzo vi sono la realizzazione del prototipo, accessoriamento, lavaggio, resinatura, laser, ghiaccio, graffiatura, stiraggio. 

Quanto all’export, dopo il picco dei 158 milioni toccato nel 2007, i flussi delle esportazioni sono andati calando, attestandosi intorno ai 98 milioni di euro nel 2019 (-26% rispetto al 2018), per poi scendere di un ulteriore 26% nel 2020 causa pandemia. 

Numeri importanti, ma non comparabili con quelli degli anni in cui le imprese nascevano a getto continuo, per gemmazione dall’azienda madre di Don Catani che dopo il secondo conflitto mondiale avviava un laboratorio di grembiuli e abiti per conto dell’Opera Diocesana di Assistenza con l’obiettivo di offrire un impiego alle vedove di guerra. Partito con macchine artigianali e passato velocemente a quelle industriali, l’intraprendente sacerdote si occupava in prima persona delle commesse e dello studio dei mercati. Il successo fu tale che altri, alla fine degli anni Sessanta, vollero replicarlo concentrandosi però sui capi in jeans. All’alba degli anni Ottanta l’area di Pesaro-Urbino si tingeva di blu grazie ai 12mila addetti che vi operavano. Poi fu un susseguirsi di crisi, con la morsa che stringeva fino alla Caporetto del 2008 quando si andò delineandosi uno spartiacque fra sommersi e salvati. “Salvati” dalla riorganizzazione del lavoro, dalla messa in campo di nuove strategie, e su tutto dalla comprensione che l’onda della rivoluzione industriale n.4 andava cavalcata e non subita. Tra i “salvati” brilla la  Blueline avviata nel 1976 da Franco Stocchi. 

La Jeans Valley, che oggi ha il suo apice nella media impresa Blueline, non ha dato i natali a un imprenditore del calibro di Renzo Rosso, il fondatore del marchio Diesel e della galassia OTB. Perché? Per la verità il, jeans Made in Italy ha avuto un imprenditore di smalto internazionale, però bisogna andare al passato remoto ed uscire dalla valle del Metauro pur rimanendo nelle Marche. Alludiamo al marchigiano Sante Castelletti che con i fratelli Franco e Guido fondava ad Ascoli Piceno la Italiana Manifatture, era lui negli anni Sessanta a contribuire al diffondersi della cultura del jeans prima ancora che del prodotto. Concessionario del marchio LEE, lanciava marchi propri, in testa Pooh, avviava collaborazioni con stilisti in quel momento lontani dal mondo del jeans, a partire da Valentino, dunque Gianfranco Ferrè, Enrico Coveri, Kenzo per citarne alcuni. Negli anni Ottanta la IM contava 3mila dipendenti, 13 sedi produttive per un fatturato pari a 400 miliardi di vecchie lire. “Io e i miei fratelli – racconta la figlia Alessia – siamo cresciuti in una casa dove termini come “made in Italy” e “cultura d’impresa” erano moneta corrente, solo poi ne ho compreso il tasso di visionarietà. Se  in  Italia e nelle Marche vi sono tante belle realtà imprenditoriali legate al jeans è anche perché molti hanno tratto ispirazione da mio padre”.

Le Marche si collocano al secondo posto dopo il Veneto per quota di occupati manifatturieri, tanto che se il  peso del lavoro nelle imprese manifatturiere italiane è pari ad un quinto (20,2%) del totale dell’occupazione, nelle Marche sale al 27,8%, seguono Emilia-Romagna con 27,2%, Lombardia con 26,0% e Friuli-Venezia Giulia con 25,6% (dati Confartiginato Imprese). Pesa però il nanismo e l’attitudine controterzista delle imprese marchigiane, s’aggiunga la lentezza nell’abbracciare la transizione digitale, esclusa la provincia di Ancona, le altre quattro province della regione sono tra le peggiori venti italiane per dotazione di infrastrutture digitali (vedi il Focus Territori condotto da CDP Think Tank e coordinato da Andrea Montanino). 

Manifattura vuol dire abilità manuale o mani intelligenti come amava definirle Carla Fendi che tra le prime  portò alla ribalta il tema delle professioni e botteghe a rischio estinzione. Ne parliamo con  Francesco Lenti, amministratore delegato di Blueline. “Il grande problema di oggi  è il capitale umano, è sempre più difficile reperire manodopera, qualificata e no, trovare persone interessate a questo tipo di lavoro che tra l’altro offre ampi margini alla creatività del singolo, non c’è più il sistema della catena anni Settanta e Ottanta. Il reperimento di manodopera è un problema generale, ma se in alcuni settori come la meccanica si può sopperire con macchinari, per noi l’abilità manuale è fondamentale: le mani d’oro delle sarte sono preziose.  La fascia d’età che ancora tiene è quella delle over 40, ma via via che l’anagrafe scende troviamo il deserto, constatazione che mi rende pessimista in tema di sostenibilità di questo modello. E non dimentichiamoci che i Francesi quando vengono in Italia per acquistare le nostre aziende non sono interessati alle strumentazioni e macchinari delle imprese, puntano dritti al capitale umano che vi lavora. Abbiamo avviato anche collaborazioni con scuole e università di Urbania, ma chi si diploma preferisce puntare su Milano attratto dalla sirena dei grandi marchi anche se per stage a poche centinaia di euro  mensili”.

Anna Franini
Anna Franini
Anna Franini, giornalista di Forbes e il Giornale. Scrive storie di Leadership, Imprenditoria, Innovazione. Intervista fondatori di aziende miliardarie, Premi Nobel, Breakthrough, Academy Awards, Pulitzer, Pritzker.
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