A Valenza, in provincia di Alessandria, si cesella l’oro e si incastonano pietre preziose da oltre due secoli. S’iniziò negli anni infuocati del Risorgimento, nel Piemonte di Vittorio Emanuele I prossimo ad abdicare per il fratello Carlo Felice. Da quel momento Valenza, che ora brilla fra le capitali mondiali della gioielleria di alta gamma, ha visto un crescendo di miniere d’oro: le mani che sapientemente danno un’anima a metalli e pietre. E’ questa l’Italia delle mani intelligenti, il Paese di uomini come Severino Michielon, recentemente scomparso all’età di 91 anni, che giunto a Valenza per fare il carbonaro finì al bancone dell’orafo. Una storia – la sua – assai comune da queste parti: primi passi come garzoncino, dunque apprendista, orafo, e per i più ambiziosi, il sogno imprenditoriale. Fra gli aneddoti di Michielon, quello dell’ape d’oro creata per la regina d’Inghilterra, “quando l’ha messa sul suo cappello ne abbiamo vendute migliaia”, raccontava con orgoglio.
Valenza è il cuore del distretto orafo alessandrino che abbraccia anche i comuni di Bassignana, Pecetto di Valenza, San Salvatore. Un’area dove si registra la massima densità orafa d’Italia, ogni anno vengono lavorate 30 tonnellate d’oro e il 90% delle pietre preziose importate in Italia. L’88% delle imprese manifatturiere locali è dedita alla fabbricazione di oggetti di gioielleria, oreficeria e articoli connessi: 698 realtà che occupano 4269 addetti (dato InfoCamere-Stockview su fonte INPS).
Il pioniere fu Francesco Caramora che nel 1817 aprì una bottega orafa e nel 1825 registrava il proprio marchio: un punzone con le sue iniziali inframmezzate da una mezzaluna. Morì prematuramente ma un suo apprendista, Pietro Canti, ne raccolse il testimone anche in termini di tutela della proprietà intellettuale, sull’operato appose il proprio sigillo ovvero le iniziali del nome e cognome con al centro una fiaccola. Nel frattempo l’apprendista più sveglio di Canti, Vincenzo Morosetti, aveva lasciato la bottega per carpire anche altrove i segreti del mestiere, era addirittura salpato per l’America, una volta tornato depositò il punzone con le sue iniziali e il cuore di Gesù avviando una sua azienda, la “Fratelli Morosetti”. Con un fiuto imprenditoriale certo affinato dalle frequentazioni Oltreoceano, fu lui a imprimere una svolta alle modalità di lavoro di Valenza separando le operazioni di creazione del prodotto da quelle della promozione e marketing, capì che non bastava produrre, bisognava anche saper vendere Segue uno sviluppo per gemmazione per cui l’apprendista dei Morosetti, Vincenzo Melchiorre, aggiunse un altro importante tassello fondando una propria manifattura nel 1873 dove faceva confluire le esperienze vissute fra Torino e Parigi (qui era finito sono l’ala della celebrità del settore Camillo Bertuzzi).
Nel 1902, a Valenza veniva fondata una Cooperativa di Produttori di Generi di Oreficeria che alla vigilia della prima guerra mondiale contava 44 imprese orafe, ahimè quasi tutte spazzate via dell’evento bellico data la dispersione della mano d’opera e la mancanza di materia prima. Poi il risveglio, ed è in questa fase – per esempio – che prende forma la Damiani, oggi un Gruppo da quasi 200 milioni di euro. Dopo il tonfo per la seconda guerra mondiale, il boom della produzione si ebbe a partire dal secondo dopoguerra, anni in cui i treni in arrivo a Valenza avevano il loro bel da fare a portare lavoratori dai centri vicini, capoluogo compreso. Anni in cui per crescere maestranze qualificate venivano avviati corsi professionalizzanti e il primo gabinetto di analisi gemmologiche. Quest’autunno ha preso forma l’ITS Gem, il primo corso post diploma dedicato all’oreficeria.
Oggi il distretto di Valenza si distingue dagli altri due poli della gioielleria italiana, che sono Vincenza e Arezzo, per la preponderanza di micro e piccole imprese, l’83% delle aziende impiega meno di dieci addetti e il 15% dai 10 ai 49 addetti. Le micro, piccole e medie imprese sono contoterziste dei grandi marchi, ma spesso anche produttrici di proprie linee di gioielli. E ben tre grandi marchi di fama mondiale risiedono a Valenza. Si parte da Damiani che proprio qui nacque nel lontano 1927, quindi Bulgari che a Valenza ha posto lo stabilimento produttivo più grande d’Europa. Cartier si muove in punta di piedi, prima ha avviato un piccolo laboratorio di alta gioielleria, ma entro il 2024 pianifica l’apertura di un nuovo e modernissimo stabilimento orafo laddove batte il cuore produttivo delle aziende artigianali valenzane, nell’area del CO.IN.OR. C’è poi una novità: è dato quasi per certo l’arrivo del colosso milanese Pomellato.
Altra nota di merito e distinzione del distretto alessandrino (lo ricaviamo dal Report di Intesa Sanpaolo). Il tessuto è fatto di aziende con un alto livello di patrimonializzazione (45,5%), certo più spiccato rispetto alle realtà di Arezzo (29,8%) e Vicenza (34,5%) così come i margini operativi netti in percentuale del fatturato sono pari al 7,8%, doppi rispetto agli altri due distretti italiani (3,4% per Vicenza e 3,3% per Arezzo).
Premesso che ai tre poli della gioielleria italiana si deve il 75% dell’export nazionale di settore, Valenza si è distinta per l’impennata delle esportazioni nel decennio 2009-2019 passando da 400 milioni a 2,1 miliardi, poi causa pandemia nel 2021 si è scesi a 1 miliardo e 446 milioni. Questo di Alessandria si colloca al primo posto tra i distretti italiani per presenza di imprese che nel triennio 2017-19 si sono distinte positivamente in termini di redditività, crescita, solidità patrimoniale e aumento della forza lavoro: il 22% delle imprese del distretto Orafo di Valenza ha queste caratteristiche, percentuale che scende al 7% per Arezzo e al 10,2% per Vicenza.
Valenza, area operosa dunque silenziosa, ora intende conquistare la ribalta dopo decenni di laboriosità dietro le quinte. Il primo passo è stato lanciare il marchio collettivo DiValenza – Impronta Orafa pensato per dare voce alle piccole e medie imprese valenzane. Da qualche mese DiValenza è confluita nella Fondazione Slala (Sistema logistico del nord ovest d’Italia) dove una commissione Logistica del Lusso, coordinata da Barbara Rizzi, intende fare dell’arte orafa il volano di un turismo da affiancare ai viaggi enogastronomici del Monferrato. Si parte dalle fondamenta, dunque dallo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture anche a beneficio dei molti pendolari.
Aziende a valenza
STORICHE
Ceva Gioielli
Veniva fondata nel 1920 da Vincenzo Ceva, figlio d’arte considerato che già il padre esercitava la professione di orafo. Negli anni Cinquanta subentrava la seconda generazione che dava un nuovo impulso imprenditoriale curando, come mai prima, l’aspetto della commercializzazione. Con Roberto e Gianni si tocca ora la terza generazione. Prediletti i gioielli di gusto classico.
Carlo Montaldi
Fondava l’omonima azienda nel 1926 e fino agli anni Settanta s’occupò in prima persona di ogni segmento dell’impresa, dalla scelta delle gemme, agli aspetti amministrativi e contabili, mentre il fratello Terenzio copriva la parte commerciale. Per decenni sono stati i due pilastri della struttura, anche quando archiviati gli anni bui della guerra, la Montaldi scommetteva sul mercato internazionale privilegiando il Sud America (o almeno una parte di esso). In linea coi tempi, si specializzò nella produzione di solitari e delle borse in filigrana d’oro. Gli anni Sessanta si aprivano con l’ingresso della seconda generazione, e nel 1993 della terza generazione con Michele Montaldi che si occupa sia di commercializzazione sia di modellazione mediante CAD.
Picchiotti
Il Basel Award, il Couture Design Award ed il Platinum Guild Best of Show Design Award sono il sigillo di qualità della maison Picchiotti la cui storia inizia nel 1967 quando Giuseppe Picchiotti apre un suo atelier. Per la verità, la tradizione familiare lo aveva destinato al bancone del farmacista e non a quello dell’orafo, mestiere quest’ultimo appreso durante le estati di apprendistato nelle botteghe della sua Valenza e affinato a scuola una volta appurato che non aveva nessuna attrazione per i farmaci bensì per i metalli preziosi, e soprattutto dopo aver superato le opposizioni della famiglia. Giuseppe Picchiotti ha viaggiato a lungo per acquistare gemme e raggiungere i propri clienti, anche come fornitore di Tiffany & Co. Oggi ogni membro della famiglia si occupa di un aspetto specifico dell’azienda.
Carlo Raspagni
I Raspagni sono maestri gioiellieri da un secolo abbondante. L’azienda è passata di padre in figlio per cinque generazioni a partire dal 1889 quando ad avviarla fu Attilio Raspagni, aveva solo 20 anni ma già aveva affinato conoscenze e competenze di settore nei migliori laboratori milanesi e fra le aule del’Accademia di Brera. il passaggio successivo si aveva con il figlio Carlo che puntò dritto alla Borsa diamanti in Belgio. La ribalta internazionale arrivava nel secondo dopoguerra con Armando che proiettava i manufatti firmati Raspagni sui mercati di tutto il mondo. La continuità del marchio è oggi assicurata da Alberto (1983), gemmologo, e da Edoardo (1985) che si occupa del segmento e-commerce.
Staurino Fratelli
La storia della famiglia Staurino inizia alla fine dell’Ottocento con il piccolo laboratorio di Natale Staurino. Il 17 gennaio 1964 nasceva la ditta Staurino Fratelli dedita, da subito, alla produzione di gioielli disegnati in esclusiva e lavorati a mano. L’eleganza nella scelta delle linee e degli accostamenti di colore, oltre alla cura nella lavorazione, portò i primi riconoscimenti internazionali e collaborazioni con i più noti marchi della gioielleria mondiale da Cartier a Van Cleef & Arpels. Oggi forme classiche si combinano con creazioni più estrose. Il filo rosso è sempre quello: leggerezza e trasparenza.
2 INNOVATIVE
Gioielleria Italiana
E’ una start up che ha creato un configuratore online per permettere al gioielliere di personalizzare tutte le caratteristiche di una linea di gioielli preziosi scegliendo tra oltre 120 mila articoli unici. I gioielli sono realizzati tutti a Valenza, dagli stessi artigiani che abitualmente lavorano come terzisti per i marchi di cui il gioielliere è concessionario. Una volta realizzato, il manufatto viene consegnato dal negoziante al cliente così da mantenere intatto il legame fiduciario che si instaura nel negozio fisico.
Doralia
Nato nel 2018, Doralia è l’unico marketplace di alta gioielleria dove gli artigiani italiani riescono a posizionarsi sul mercato globale, in particolare americano, senza intermediari. Doralia mira a fornire ai suoi clienti internazionali un’esperienza a tutto tondo attraverso una user experience efficiente e di qualità in virtù di un sito facile da utilizzare e intuitivo. S’aggiunga la possibilità di prenotare pacchetti viaggio esclusivi e di lusso nelle località in cui vengono prodotti i gioielli venduti sull’e-commerce.
UNICHE. Perché…
Angry Gioielli
E’ stata fondata nel 1977 da Angri, famiglia di artisti orafi. Copre tutte le fasi di creazione del gioiello, dal design, alla prototipazione, engineering, fusione, manifattura, controllo qualità, spedizioni. Un sistema di brevetti critica e protegge metodi produttivi sviluppati in casa. Accanto ai classici intramontabili, Angry ha sviluppato linee dove imperano fiori e animali multicolori assai verosimili.
Como Gioielli
Debutta nel 2007 quando il maestro orafo Salvatore Scibetta decide di capitalizzare le competenze maturate nelle aziende di alta gioielleria. In un tessuto competitivo come quello di Valenza, si ritaglia uno spazio tutto suo puntando sulla lavorazione del titanio, in particolare quello nero, col tempo ne acquisisce la leadearship mondiale.
Il diamante Gioielli
Nasce nel 1995 quando Roberta Bardon e Maurizio Martone decidono di trasformare la loro piccola bottega orafa in un’azienda con oltre 40 artigiani orafi. A contraddistinguere questa realtà sono le lavorazioni d’incastonatura di diamanti. “Tenendo conto che le personalizzazioni generiche di ogni tipo sono sempre state un punto debole, data la molteplicità di combinazioni possibili per i produttori artigiani, abbiamo sviluppato una tecnica innovativa che ci permette di lavorare su spessori minori (ad es. Fedi larghe 2,5mm Incastonate) realizzando oggetti impreziositi con diamanti, in maniera rapida e versatile, creando un oggetto artigianale unico al mondo”, spiegano.
Megazzini
Nata nel 1947 in un’Italia tutta da ricostruire, Magazzini a un certo punto si specializzava nella produzione di “fermezze”, termine tecnico utilizzato per definire le chiusure dei fili di perle. Scelta premiante che portava l’azienda ad affermarsi come il riferimento assoluto, nel campo dei gioielli, per la creazione di collane con perle, chiusure preziose. Nel 1985 l’arrivo del figlio Massimo Megazzini, attuale titolare, collocava l’azienda nei mercati internazionali creando un forte legame e una rete indissolubile tra distributori di perle ed eccellenza orafa artigianale. Tra le conferme di questo successo, la collana di gemme preziose con chiusura di diamanti e un rubino cabochon acquistata dall’allora first lady Nancy Reagan.
Recarlo
Il verde sta a Tiffany come il blu reale a Recarlo: leader nella produzione dei solitari e dei gioielli in oro e diamanti, anche indossati all’ultima mostra del cinema di Venezia dalla modella e attrice Elisa Sednaoui. Il primo gioiello Recarlo veniva cesellato a Valenza nel 1967, era un anello da uomo. Nella galleria di Recarlo spiccano La croce di Lucrezia, girocollo in oro bianco 18 Kt e diamanti taglio brillante, l’anello Eternity che reinterpreta il trilogy, e un’intera collezione con diamanti a forma di cuore.
Verdi
I bracciali a molla sono una delle eccellenze dell’azienda fondata nel 1971 da Giuseppe Verdi (nessun legame con l’omonimo genio della musica). Nelle ultime collezioni è andato crescendo l’uso di coralli e pietre dure dalle colorazioni vivaci, prevalgono il rosso, il verde e l’azzurro. Oggi tutta la produzione è interna all’azienda e conta un gruppo di lavoro costituito da 14 persone.