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Il Santuario di Santa Maria dell’Isola di Tropea compare nella rosa delle venti chiese più belle d’Italia, in compagnia di complessi iconici come il Duomo di Milano, San Pietro in Vaticano e San Marco a Venezia. Solitario su uno scoglio, con affaccio sul mare, è stato immortalato in una foto che da marzo circola sul canale social del Ministero del Turismo, poiché meraviglia di casa nostra. Borgo dei borghi, fra i borghi più belli d’Italia, bandiera blu, 5 vele di Legambiente, Tropea è di fatto la perla del Tirreno, beata sulla Costa degli Dei, e sempre più visitata tanto da aver registrato nel 2023 ben  500mila presenze, il Comune medita infatti di generare un ticket d’ingresso sul modello della Serenissima. Turismo prospero, dunque, e per questo entrato nel mirino dell’’ndrangheta. E’ questa la croce che pesa su Vibo Valentia, la più minuta provincia della Calabria, estesa dalla costa tirrenica alla catena appenninica delle Serre e il vasto comprensorio agricolo dell’altopiano del Poro. Tra le più importanti colonie della Magna Grecia, assunse l’attuale nome nel 192 a.C., dopo essere diventata municipio romano con il nome di Valentia. 

La Vibo Valentia meno nota

Turismo, la leggendaria cipolla rossa: ma Tropea e dintorni non è solo questo. Vibo Valentia conta 13.862 imprese di cui 9241 sono individuali, 959 società di persone e 1.915 di capitale.  Tre su dieci operano nel commercio, due su dieci nel settore agricolo, il 12,8% nelle costruzioni, l’8% nei servizi di alloggio e ristorazione e solo il 6,8% nel manifatturiero per il quale dominano le imprese dell’alimentare e bevande. L’artigianato nelle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia conta 11.115 imprese costituendo un terzo del totale delle imprese artigiane della regione Calabria.  Il tessuto produttivo di questa terna di province ha toccato nel 2022 un valore dell’export di poco superiore ai 247 milioni di euro, corrispondente al 34,3% del totale del valore delle esportazioni della regione Calabria. Il 26,9% sono prodotti delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco, il 20% sono prodotti tessili, il 15,9 del comparto elettronica e computer e  il 13% del metallo.

ARTIGIANATO: Vimini, terracotte e …pipe. 

Gli artigiani del vibonese sono noti per i manufatti in  terracotta, angeli custodi di un’arte millenaria che si tramanda di generazione in generazione. A Caria si fanno i vasi preitalici impiegando le tecniche delle popolazioni che abitavano il vibonese addirittura prima della colonizzazione greca. Ma il cuore del settore pulsa a Gerocarne, quartier generale di maestri vasai dediti anzitutto alla realizzazione delle cosiddette “pignate”, perlopiù utilizzate per cucinare i legumi. La realtà artigianale di Gerocarne conquistò la ribalta grazie all’archeologo François Lenormant che nel 1880 esaltava la locale fabbricazione “dei vasi usuali in maiolica, rivestiti di una patina stagnifera bianca, sulla quale si disegnano degli ornamenti a fuoco di diversi colori, rosso, turchino, verde, giallo”. A conferma che questo borgo del Vibonese è tra i più longevi centri di produzione. 

Breve retrospezione. La sera dell’11 luglio 1982 l’Italia sconfiggeva la Germania con un 3 a 1. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e il CT della Nazionale si scambiarono la pipa. Ebbene la famosa pipa di Pertini, forse il presidente italiano più amato in assoluto, era stata fatta a Brognaturo, centro montano nel cuore delle Serre vibonesi. Qui si forgiano pezzi unici, esportati in tutto il mondo, realizzati con il ciocco di radica dell’Erica arborea, del resto la radica calabrese è tra le più pregiate, dato il basso contenuto di tannini. Tra le botteghe del borgo si segnala quella della famiglia Grenci, avviata negli anni Sessanta da Domenico, assurto subito al rango di “Re della pipa”

Il borgo di Soriano, ai piedi delle Serre, è invece noto per le composizioni di vimini, di cui i sorianesi sono veri maestri. Ceste, sedie, divani, mobili, e tanti altri oggetti, alcuni molto curiosi, vengono fatti a mano con tecniche secolari. Sono famose le ceste in vimini, in dialetto “panari”, intrecciate con rami di salice, di castagno e di canne. In un contesto di botteghe artigiane ha preso corpo l’impresa “Vari vimini” di Bruno Varì, produttrice di arredi da giardino e per strutture alberghiere e stabilimenti balneari, divani, sedie e altri arredi per abitazioni. Varì ha ridato vigore alla lavorazione di giunco e del rattan ma anche del legno.

ALIMENTARE 

Cipolla

Ed eccoci all’Oro Rosso di Calabria, come viene denominata la cipolla di Tropea: dolcissima, croccante e – appunto – rossa. Prodotto che può contare su una filiera da 20mila tonnellate di produzione certificata, il 20% della quale destinata alla trasformazione, con 170 operatori e un fatturato al consumo di 60 milioni di euro. Il Consorzio di tutela della Cipolla Rossa di Tropea dal 2008 valorizza questa produzione con l’obiettivo di accompagnare la crescita della filiera. 

PECORINO

Conosciuto almeno a partire dal 1500, il Formaggio Pecorino del Monte Poro è prodotto esclusivamente con latte ovino crudo ed intero e caglio di agnello o capretto alimentati esclusivamente con latte. Il latte è ottenuto da due mungiture, quella della mattina e quella della sera precedente, e proviene da capi allevati con sistema semi-brado e che solo nel corso della notte vengono fatti stabulare negli ovili. La zona di produzione e di pascolo del Pecorino del Monte Poro è circoscritta ai comuni di Joppolo e Spilinga.

TONNO

L’area tra Pizzo e Tropea è secolarmente legata alla pesca e alla lavorazione del tonno. Dieci tonnare fisse si contavano già tra il XVI e il XVIII secolo, e ancor prima, in epoca romana, c’erano due insediamenti per la lavorazione del tonno, con tanto di vasche per l’itticoltura. Si narra che nella seconda metà dell’800 si toccava a una media di 2mila quintali di pescato. L’anno chiave è però il 1913 quando Giacinto Callipo avviava a Pizzo un’azienda per le tonnare; era la prima pietra dell’omonima azienda, prima in Calabria e tra le prime in Italia ad inscatolare il pregiato Tonno del Mediterraneo. Il settore subiva un tracollo quando la pesca del tonno si spostava dalla costa al mare aperto e con il sistema di tonnare volanti al posto delle fisse. Nel 1963, chiudevano l’attività una serie di imprese salvo, fra le poche altre, la Callipo che iniziò a importare il tonno oceanico Yellowfish per coprire la maggior parte della produzione. Tra le aziende sopravvissute c’è anche la più piccola Sardanelli, a Maierato, dove anche Callipo ha spostato la sua produzione. Aziende grazie alle quali la Calabria continua ad essere grande terra di produzione di conserve di mare. Una società come Callipo ad esempio oggi produce 7 mila tonnellate all’anno raggiungendo, per un fatturato che supera i 70 milioni. Alla quinta generazione dà lavoro a 400 addetti distribuiti in sette aziende.

Plauso agli imprenditori di questa terra difficile, al 96esimo posto per qualità della vita (suo 107), Vibo Valentia è ahimè prima in classifica in Italia per rapine in pubblica via. A fronte di una media nazionale del 61%, con punte in Bologna che totalizza un 73% e la Lombardia che sfiora il 70%, il, tasso di occupazione di Vibo Valentia scende al 35,8%.

AZIENDE:

Caffo 1915 da oltre un secolo produce amari, liquori e distillati nella sua antica distilleria calabrese. Dopo il successo del Vecchio Amaro del Capo, liquore d’erbe di Calabria, l’azienda ha iniziato ad espandersi con sedi produttive in varie parti d’Italia e filiali distributive all’estero. Il Gruppo Caffo 1915 sta rilanciando marchi storici come Borsci S. Marzano (1840), Amaro di S. Maria Al Monte (1868), Ferro China Bisleri (1881) ed il padre di tutti gli amari Petrus Boonekamp (1777) l’amarissimo. In contemporanea lavora ad amari più innovativi e di fascia premium come la Riserva del Centenario di Vecchio Amaro del Capo a base di acquavite di vino invecchiata 50 anni, l’Elisir S. Marzano Riserva 180th Anniversary  e l’ultimo nato Vecchio Amaro del Capo Red Hot Edition al peperoncino piccante di Calabria.

Sardanelli

L’azienda della famiglia Sardanelli è attiva dal 1817 anno in cui Francesco, il capostipite, lanciava una società di fritta di tonno, per la lavorazione e commercializzazione del tonno pescato nelle tonnare di Pizzo e Bivona. Da sempre Sardanelli produce e commercializza tonno e altri prodotti ittici, in scatola e in vetro, seguendo l’antica tradizione e arte dei maestri tonnieri. Lo stabilimento è nella zona industriale di Maierato, un piccolo centro della provincia di Vibo Valentia, dove sono attivi circa 70 dipendenti ai quali si aggiungono, in base alle esigenze, fino a 40 dipendenti interinali. Il fatturato sfiora i 50 milioni

Anna Franini
Anna Franini
Anna Franini, giornalista di Forbes e il Giornale. Scrive storie di Leadership, Imprenditoria, Innovazione. Intervista fondatori di aziende miliardarie, Premi Nobel, Breakthrough, Academy Awards, Pulitzer, Pritzker.
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